mercoledì 10 giugno 2020

Fase 3: non tutto è come sembra

E poi arriva quel giorno, dove ritiri il pacco delle cose dell'armadietto della materna, in un sacchetto giallo, della spazzatura ma giallo, forse per renderlo meno triste di quello che è già.
Perchè "ritirare i tuoi effetti" suona tanto come se qualcuno fosse morto, non hai la certezza che in quel posto ritornerai perchè le tue cose non ci sono più... è un po' come essere licenziati con "se abbiamo bisogno ti chiamiamo" oppure un "le faremo sapere".

Non hai nessuna certezza, nessuna fiducia nè in te nè nell'altro.

Ed è questo che ho interiorizzato nella fase 3: non tutto è come sembra, nel bene e nel male.

Gli affetti più vicini, in cui riponevo più speranze, li ho sentiti meno accanto di come potevo immaginare...
Quelli più lontani, che forse vivevano la mia stessa situazione o non faticavano ad immaginarla, mi hanno accompagnato con qualche chiacchiera, qualche mail, considerazione, riflessione, incoraggiamento.
Non mi aspettavo niente da nessuno, intendiamoci, ma ho avuto la sensazione di essere davvero sola, oltre al distanziamento e, per me che sono un orso di natura e normalmente non è mai stato un grande problema, questa volta è pesato un pochino di più.

Sembra sciocco, ma la mascherina copre una serie di espressioni facciali che sono di un'importanza eccezionale.
L'altro giorno ero in coda in un negozio e, davanti a me, c'era una mamma con una bimba che avrà avuto 4 anni, forse qualche anno in più... ed eravamo tutti con la mascherina.
I nostri sguardi (il mio e della bimba) si sono incrociati e, d'istinto, mi è venuto da sorriderle.
La bambina non ha visto il mio sorriso e ha tolto lo sguardo, serio, annoiato dalla coda.
Mi si è spezzato il cuore... negarle un sorriso mi è parso una colpa.
Mi è sembrato di imbavagliare i sentimenti positivi.
Un sorriso, come un gesto gentile, è contagioso, ti riempe il cuore.
Ecco, a me lo ha svuotato.
E mi sono resa conto di quanto i bambini non abbiamo la percezione di un'emozione o di uno stato d'animo con una parte di viso coperto.

In un altro negozio mi è capitato di chiedere delle cose, ma di non essere capita.
Il labbiale in alcuni casi è davvero fondamentale, quando il tono è basso o quando si parla con un accento diverso. E' come se mancasse un tassello di un puzzle che prima davamo per scontato.

Ad un altra coda, ho trovato una mamma che conosco di vista, con cui non ho molta confidenza. Di solito, forse un po' imbarazzate entrambe, ci salutiamo sempre con un sorriso. Ma sotto la mascherina non è la stessa cosa... gli occhi ridono... tra adulti è diverso... e ci viene quasi da ridere come due sceme perchè ci sorridiamo a vicenda  ma con la faccia coperta.

Ma non tutto è come sembra.
Un giorno decidi di gonfiare le gomme della bici grande, disperata perchè con quella piccola senza rotelle non c'è proprio verso di trovare l'equilibrio e poi, in due giorni, dopo mesi/anni di tentativi, vai.
Con quel manubrio un po' a zig-zag, con le mani strette che lo impugnano tanto da rimanere i segni sul palmo, non hai più paura, vai.
Sei riuscito, hai raggiunto un altro piccolo traguardo dell'autonomia.
E mi emoziono, perchè cresci davanti a me.

Ma non tutto è come sembra.
Per una mamma ogni piccola conquista è un giro di boa, e allora anche quando il piccolo ti dice con fermezza che vuole farla seduto sul water, tu ce lo posi con le dita incrociate sperando che sia la volta buona. E quando entrambi sentite "plof", parte un festeggiamento di tre giorni. E scopri che con tanta, tanta pazienza, alla fine si riesce, anche laddove di speranze non ne avevi più.

Ma non tutto è come sembra.
Sono mancate persone che si conoscono e che non si conoscono, ma ognuna di esse mi fa riflettere. Ripenso a quel papà che, nell'attesa fuori da scuola, radunava attorno a sè un gruppetto di chiacchiere leggere.
Poi a quel gruppo di amici con gli occhi rossi e lucidi, sotto gli occhiali scuri.
Sembrava una persona serena, positiva, sorridente. E invece chissà cosa aveva dentro.
Penso a chi ha capito che non sarebbe più tornato a casa, solo, in ospedale.
Penso a chi lotta da anni contro un male più grande, che maledettamente ritorna e ti porta via ogni speranza, ogni respiro, ogni affetto, senza poter decidere diversamente.
Ed io che mi lamento mi faccio ancora più rabbia, perchè non apprezzo quello che ho e forse non riesco a trasmetterlo nemmeno a chi mi sta intorno.

Ma non tutto è come sembra.
Non sarà bello andare a scuola ma, dopo questi mesi, cosa dareste per ritornarci ancora...?
Ci sono scuole in Italia senza carta igienica, con i banchi e le sedie rotte, con i muri e i soffitti che crollano, con le palestre inagibili, la lim che la scuola ottiene con i punti del supermercato, ma le più alte menti riunite insieme cosa pensano di fare? Stanziano fondi per... la rete e la fibra.
Ma viviamo tutti sullo stesso pianeta? Ma ci sono mai entrati loro in una scuola?

E poi ci sono gli insegnanti con gli attributi che organizzano di vedersi distanziati in un parco, per un saluto che non sia virtuale, che sia guardarsi negli occhi e parlarsi davvero... seppur per pochi istanti, perchè si vada oltre l'insegnamento della materia, ma dell'essere al mondo e insegnare a vivere, soprattutto ai bambini e giovani, lasciare loro un segno profondo, un ricordo indimenticabie e vero, di rispetto verso gli altri, di responsabilità e di coraggio nel fare il primo passo quando nessuno osa farlo. Perchè, anche in sicurezza, è il cuore che lo detta, non una imposizione, un dovere.

Che poi io davvero non la mando giù... anche la didattica a distanza prende il nome del papà, DAD, quando sono il 99% le mamme che corrono per fare i compiti... fotocopiano, leggono, spiegano, correggono, scattano foto e spediscono...
Che fanno da maestra/madre/lavoratrice insieme, senza avere un titolo per la prima, il giusto tatto per come affrontare la situazione la seconda, sbagliando, incazzandosi, urlando, piangendo e poi rialzandosi e trascinarsi nei giorni a seguire, senza una fine, senza un piano, senza una parola a chi pone delle domande sul nostro futuro: i bambini, i giovani.

Perchè non tutto è come sembra.
Sono piccoli, sono giovani, si adattano, ma non sono scemi.
Capiscono e interiorizzano molto di più di un adulto.
E quello che vivono oggi, se lo porteranno dietro domani.




9 commenti:

  1. ma sai che a me è capitato di vedere una bimbetta di circa 8 mesi e di sorriderle, e vedermi ricambiata anche se io avevo la mascherina? (lei no, ma lei ha 8 mesi, e comunque sono rimasta a oltre due metri di distanza, forse pure tre... eppure sorrideva, felice)

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    1. Grazie Trasparelena, forse sono io in un momento nostalgico, che vedo un po' di bicchieri mezzi vuoti e mezzi pieni... a singhiozzi.
      Mi rincuora sapere che qualcuno coglie i sorrisi, anche sotto la mascherina. :)

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  2. Elisabetta, mi sono commossa. Parola dopo parola. Hai scritto anche i miei pensieri, mi è venuto giù un piccolo dolore sordo che non trova più voce. Anche io sono un'orsa ed anche io, mi sono accorta, vivo di espressioni, di sorrisi, di smorfie. Siamo tutti amputati della nostra vera essenza. Ciò che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere, probabilmente, ci segnerà. Chi avrebbe mai potuto immaginare una roba simile.
    E mi son sentita parecchio sola anche io. Solita storia della famiglia lontana. Ma neppure quello. è che la virtualità, come già sapevo, a me indispone. Mi ha indisposto anche tanto la didattica a distanza: un lavoro immane e dispendioso di energie che a tratti mi ha lasciato un pò di vuoto. I bambini, quelli piccoli, non l'apprezzeranno mai.
    Che dirti, amica, confidiamo nel futuro. Continuiamo a sperare.
    I nostri sacchetti erano neri :( neri neri, come quelli della spazzatura spazzatura. E' stato tanto triste. Tanto.
    Ti abbraccio forte <3 con l'augurio di risentirci più spesso.

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    1. Grazie Irene! Che bello sentirci!
      In questi mesi non me la sono sentita di postare i lavoretti o cose leggere, non avevo la testa e il tempo per quello.
      Anzi, una delle prime cose che ho dovuto segare per mancanza di tempo (e con tanto dispiacere) è stato proprio il blog. Ma, visto che per me queste pagine sono anche un diario, ho sentito il bisogno di mettere nero su bianco questo nodo che avevo dentro. Quelle confidenze che ti liberano un po'... che di persona sono un po' "pesanti" da ascoltare, ma che una tastiera o un foglio accolgono a braccia aperte, senza distanziamento, come l'abbraccio virtuale che ci unisce, da sempre, mia cara Regina Irene.
      Un bacio ai tuoi bellissimi bimbi :***

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  3. Sai Elisabetta, un po' ci siamo sentite quindi non sto a ripeterti che anche io ho patito molto, pianto mplto, mi sono arrabbiata molto e sentita sola. Però ora voglio dirti un'altra cosa:io, con pa mascherina, sorrido ancora di più, saluto ancora di più e chiacchero con tutti,mentre prima meno. Non perché mi dia coraggio la mascherina, al contrario, ma perché sento il bisogno di contatto, di inttecciare relazioni, dare serenità e positività, agli altri ma soprattutto a me stessa di riflesso. E se, come nella maternità, il lockdown mi ha fatto capire quabto poco contassi per alcuni, mi ha però anche regalato nuova consapevolezza verso altri amici, conoscenti ed affetti. L'unico aspetto che proprio non digerisco è l'atteggiamento di noncuranza, indifferenza, sospetto ed a volte cattiveria con cui sono stati trattati e ancora vengoni trattati i bambini e le madri. O meglio, non è l'unico aspetto ma certo quello che mi fa stare più male. E quindi penso di comprendere il tuo pemsiero. Cerco di vedere il bicchiere mezzo poenoe riprendere la nostra vita e tanta socialità che per me è fondamentale, purché di qualità, per lasciarmi alle spalle tristezza e malessere. So per certo, però, che non dimenticherò. Un fortissimo abbraccio.

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    1. Grazie Giulia, sono contenta che tu riesca e abbia ancora più voglia di comunicare positivo anche con la mascherina. Io (oltre a non respirare con quella addosso) mi sento come un canale oscurato e mi chiudo ancora di più. Da creativa non riesco nemmeno a trasformarla con colori e fantasie... è più forte di me, ho un blocco/repulsione che non riesce ad associarla a nulla di "leggero". Volevo farci anche un musetto da gatto... ma non me la sono sentita.
      Qui in paese non c'è tanto quell'atteggiamento di cattiveria verso mamme e bambini, sul rettilineo di strada davanti a casa ci hanno giocato con i racchettoni, il grande ha imparato ad andare in bicicletta, una neomamma passeggiava con la carrozzina avanti e indietro, un'altra faceva le vasche con la bimba sul seggiolino della bici, un paio di anziani passeggiavano e uno correva con il gilet catarifrangente, tutto in orari diversi, nessuno ha mai additato un altro. Tutti avevano la necessità di USCIRE all'aria aperta per 5 minuti, di scambiare due parole tra i balconi, di girare l'angolo della strada e vedere un pezzetto di mondo diverso dalle 4 mura. C'è diffidenza, ma c'è anche tanta comprensione... e comunque siamo tutti sani, vivi e vegeti.
      E anche ora, parlo sempre per il mio paesino, ci son tre anime in giro e il massimo dell'affollamento è attorno alla gelateria ma, se qualcuno avesse da dire qualche cosa, guarda, deve solo provarci che lo sbrano vivo...
      Un abbraccio fortissimo anche a tutti voi!

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    2. Meno male che anche da voi erano tutti comprensivi!

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  4. Ti faccio i miei più cari auguri cara Elisabetta per un Santo Natale sereno nonostante tutto.
    Un abbraccio
    Maria

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  5. Grazie per i vostri preziosi consigli e competenze

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